Per sapere come vanno le cose è giusto informarsi e per capire come esse effettivamente stanno, vale la pena superare le semplici informazioni e riflettere sul senso che lasciano intravvedere. Certamente, le parole e le impressioni nella società liquida e sulla stampa che la rappresenta, (perché può sopravvivere in essa solo se ne rispetta l’inconsistenza) transitano e fluttuano dicendo cose varie che le circostanze chiederanno.
Eppure, se le parole dicono qualcosa, forse sarebbe giusto prestare attenzione. Sia pure su una rivista che è impresa commerciale correlata ad un sistema di mercato più vasto, sia pure se lasciate in una intervista “a caldo”.
Ho riflettuto a lungo sui toni e i contenuti dell’intervista del direttore di Flash Art, Giancarlo Politi al curatore del Padiglione Italia dell’ultima Biennale, Luca Beatrice. Prima di trarre delle conclusioni più complesse, devo affermare che la mia impressione è che essa paradossalmente sia da ritenersi di gran lunga più realistica e rappresentativa del “sistema dell’arte” in Italia, rispetto a quanto ci ha mostrato con lodevole sforzo intellettuale e organizzativo ll comitato scientifico del “Festival dell’arte contemporanea” di Faenza.
Se quest’ultimo ci è apparso denso, complesso, articolato, ricco di spunti teorici e pratici, condotto con mentalità tutto sommato, ecumenica (anche se mostrava di fatto, il sano tentativo di spingere ad una riflessione culturale profonda sul “sistema, ma condotto dai suoi stessi costruttori, gestori e beneficiari), l’intervista fulminante di Politi a Beatrice è invece un “dato”, un qualcosa di profondamente e realisticamente vivo, che dice una serie di “verità” indeludibili del “sistema”, soprattutto riguardo al “come” si attua nella pratica e nella relazione tra i suoi attori.
A Faenza, nello slancio teorico, si è rappresentato (e uso il termine anche nel suo senso teatrale) il “come dovrebbe” e il come “potrebbe essere”, mentre l’intervista di Politi (ma anche l’essere stesso della rivista “Flash Art” che coincide fondamentalmente con il preponderante soggettivismo del suo direttore) ci racconta invece, direttamente e tra le righe, il “come è” il sistema dell’arte italiana.
Non c’è moralismo in ciò che cerco di dire e nemmeno cinismo: cerco una analisi sul senso delle cose, provando a distanziarmi da qualsiasi forma di invidia o risentimento. Del resto, essendo totalmente fuori dalla “competizione dell’esserci”, posso credibilmente provarci.
Espongo le sintesi di domanda e risposta e aggiungo un commento esplicativo. Il testo può essere letto integralmente su
Eppure, se le parole dicono qualcosa, forse sarebbe giusto prestare attenzione. Sia pure su una rivista che è impresa commerciale correlata ad un sistema di mercato più vasto, sia pure se lasciate in una intervista “a caldo”.
Ho riflettuto a lungo sui toni e i contenuti dell’intervista del direttore di Flash Art, Giancarlo Politi al curatore del Padiglione Italia dell’ultima Biennale, Luca Beatrice. Prima di trarre delle conclusioni più complesse, devo affermare che la mia impressione è che essa paradossalmente sia da ritenersi di gran lunga più realistica e rappresentativa del “sistema dell’arte” in Italia, rispetto a quanto ci ha mostrato con lodevole sforzo intellettuale e organizzativo ll comitato scientifico del “Festival dell’arte contemporanea” di Faenza.
Se quest’ultimo ci è apparso denso, complesso, articolato, ricco di spunti teorici e pratici, condotto con mentalità tutto sommato, ecumenica (anche se mostrava di fatto, il sano tentativo di spingere ad una riflessione culturale profonda sul “sistema, ma condotto dai suoi stessi costruttori, gestori e beneficiari), l’intervista fulminante di Politi a Beatrice è invece un “dato”, un qualcosa di profondamente e realisticamente vivo, che dice una serie di “verità” indeludibili del “sistema”, soprattutto riguardo al “come” si attua nella pratica e nella relazione tra i suoi attori.
A Faenza, nello slancio teorico, si è rappresentato (e uso il termine anche nel suo senso teatrale) il “come dovrebbe” e il come “potrebbe essere”, mentre l’intervista di Politi (ma anche l’essere stesso della rivista “Flash Art” che coincide fondamentalmente con il preponderante soggettivismo del suo direttore) ci racconta invece, direttamente e tra le righe, il “come è” il sistema dell’arte italiana.
Non c’è moralismo in ciò che cerco di dire e nemmeno cinismo: cerco una analisi sul senso delle cose, provando a distanziarmi da qualsiasi forma di invidia o risentimento. Del resto, essendo totalmente fuori dalla “competizione dell’esserci”, posso credibilmente provarci.
Espongo le sintesi di domanda e risposta e aggiungo un commento esplicativo. Il testo può essere letto integralmente su
testo integrale di Antongiulio Zimarino:
http://www.theorein.it/artivisive/figurativa/zimarino/articoli/articolo%2024%20questo%20%C3%A8%20quanto.htm
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