venerdì 18 novembre 2022

STIGMATE dal disagio esistenziale alla società della bellezza

 



STIGMATE dal disagio esistenziale alla società della bellezz

è il progetto del Centro di Salute Mentale di Chieti che unisce la terapia artistica alla consapevolezza sociale

Si è inaugurato a luglio presso il Centro di Salute Mentale di Chieti il progetto STIGMATE. Dal disagio esistenziale alla società della bellezza di Marco Alessandrini, psichiatra, psicoanalista e Direttore del C.S.M. di Chieti e Mandra Stella Cerrone, artista e performer abruzzese. Il progetto, a cura di Sibilla Panerai, professoressa di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università G. d’Annunzio di Pescara, riflette sul desiderio di cura, interazione e benessere sociale, amplificatosi con la pandemia ed è rivolto agli ospiti e ai familiari degli utenti in cura presso il C.S.M. di Chieti. 
Attraverso un approccio sperimentale tra tecniche di sostegno terapeutico e metodologie dell’arte contemporanea, STIGMATE intende portare alla luce una serie di vissuti spesso inascoltati e invisibili, solitamente relegati nello stigma del disturbo psichiatrico. 


Un’artista con una formazione in metagenealogia e psicomagia e uno psichiatra appassionato di arte e di terapie artistiche, da sempre impegnato nella ricerca di una dimensione umana della terapia, si affiancano un giorno alla settimana per cinque mesi, con un approccio multidisciplinare che unisce fotografia, video e performance a tecniche mirate di approccio mentale. 

Spiega Sibilla Panerai: “STIGMATE si propone come forma esperienziale intensa e nuova al vissuto di persone solitamente marginalizzate e stereotipate, ma anche come presa di coscienza sul rapporto che intercorre tra benessere collettivo e personale. Il progetto apre un dibattito sull’autenticità del potenziale umano, sull’importanza della terapia artistica e sulla comprensione della necessità di strutture adeguate alla cura psicologica”. Per Marco Alessandrini: “Proporre un progetto del genere in un servizio pubblico è una grande sfida. Nulla infatti è maggiormente trascurato, in ciò che viene offerto a pazienti, a familiari, a operatori, dell’esperienza della creatività e della bellezza: del valore curativo sprigionato dall’estetica, in grado di mobilitare in direzione positiva la spinta alla risoluzione di un disagio. Questa terapia artistica inaugura una nuova forma di “medicina visiva”, perché alla sua radice è lo sguardo, che unisce gesti, corpo e psiche in un’avventura di metamorfosi e cura”.

Gli esiti degli incontri, iniziati il 6 luglio, sono resi pubblici attraverso i social e verranno presentati nei convegni scientifici e in esposizioni e performance finali. 
Nei primi incontri Mandra Cerrone ha invitato le persone del gruppo a camminare intorno ad un tavolo ricoperto di fotografie da lei stessa selezionate, le più disparate, dagli animali alle espressioni del viso fino ai gesti quotidiani. Ogni paziente ha scelto tre fotografie a piacere, da cui sono nati ricordi, emozioni, riflessioni in forma aperta, che Marco Alessandrini ha ricollegato alla diagnosi e alla terapia di ognuno, dando loro una direzione. Sono affiorate timidamente parole cariche di significati, desideri inespressi di vita e di amore, dubbi sulla percezione consueta delle cose: “La zebra è nera e bianca o bianca e nera? – ha domandato un paziente di fronte all’immagine di una zebra in gabbia- Vedo la varietà dell’essere che rimane confinato in un recinto”. In altri incontri Cerrone ha invitato a tracciare i confini del corpo di ognuno, a dare un colore e un nome alle parti dolenti e alle emozioni ivi rinchiuse, mettendo a loro disposizione colori, simboli, collage e scritte. “Ciò che sempre parla in silenzio è il corpo – riporta Cerrone, citando Alighiero Boetti –  ma mi rendo conto quanto sia complicato per loro l’atto creativo, che è la più radicale forma di disobbedienza”. 

Alcuni disegni esprimono chiaramente meglio delle parole, come quello di un paziente che ha usato colori diversi per la parte destra e sinistra del corpo, diversa per le braccia e le gambe: “Sento tangibile la loro fame di ascolto e di bellezza. Vivo un’ora e mezza di controllata emozione in cui percepisco un’enorme potenziale”, racconta l’artista. 

Per offrire una speranza di vita anche alle parti più nascoste e inascoltate di sé, occorre metterle in condizione di esprimersi”, dice a proposito Marco Alessandrini, citando lo psicoanalista Antonio Di Benedetto. “Ciò che STIGMATE intende fare è dar voce a quell’‘artista interno’, secondo le parole di Marion Milner, la parte creativa di ognuno che dà sviluppo e vita, fin dall’infanzia, al Sé. Perché ‘E’ solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il Sé’, afferma Donald Winnicott. E’ questo un processo che, ostacolato dallo stigma e dai sintomi, richiede oggi, in un’epoca di incertezze individuali e collettive e di disuguaglianze ed emarginazioni sociali, azioni importanti di terapia. Fare arte diventa perciò in questo progetto sia ‘fare’ sé stessi, ovvero far emergere un nuovo Sé in persone dal mondo interno frammentato, sia sovvertire ruoli, etichette diagnostiche, paure. La scoperta della possibile natura ed origine dei propri conflitti non può infatti essere disgiunta, al di là e a lato di ogni lettura interpretativa, dall’aprire costantemente spazi, seguendo la lezione di Thomas Ogden, all’‘esperienza di sentirsi vivi’”. 

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