lunedì 21 giugno 2010

fame d'Amore/Hungry for Love















Fame d’amore/Hungry for love
Antonio Zimarino

La sintesi che costruisce l’immagine d’arte, se realizzata con uno spirito di autentica e sincera riflessione e discernimento tra il Sé e le cose, racconta il nostro rapporto con ciò che intorno a noi esiste ma può anche essere in grado di spingersi fino alla narrazione, alla chiarificazione della qualità del nostro rapporto con le cose stesse.
L’atto del “nutrirsi”, essendo fisiologicamente obbligato perché essenziale al vivere, è inevitabilmente anche un modo di costruire la relazione con l’esistente e con gli esseri viventi, ma contemporaneamente è anche un modo di comprendere quale sia il tipo di rapporto con noi stessi. Ciò di cui mi nutro infatti, diviene parte di me, esprime anche la modalità con cui io curo (o non curo) il mio vivere: nutrirsi infatti è scegliere di vivere e scegliere come nutrirsi è conseguentemente, scegliere come vivere.
Come mi nutro diviene, in definitiva, il modo di dire a me stesso come intendo vivere nel rapporto con le cose viventi e nel rapporto con l’esistente.
Non perché atto obbligato al vivere, il nutrirsi non ha un suo senso: scegliere come nutrirsi significa avere una idea ( o non averla) tra il proprio vivere e la vita che ci circonda; riflettere sul proprio rapporto con il nutrimento è anche un modo di comprendere il proprio rapporto con il Sé, con come io mi vedo e mi leggo nel rapporto con il vivere mio e degli altr esseri viventi.
Gli artisti di questa rassegna virtuale ci raccontano quindi delle diverse modalità di questo rapporto e ce lo esprimono in diversi orizzonti: osserveremo il desiderio di ciò che vorrei essere e che vorrei fosse la mia relazione con me stesso e con gli altri esseri viventi; potremo anche stigmatizzare le deviazioni di questo rapporto. Altre posizioni ancora ancora cercano di scavare sul proprio modo di intendere il proprio vivere nel contesto di un equilibrio perduto o ritrovato con gli esseri viventi, sia attraverso processi e rappresentazioni logiche che attraverso approcci empatici, analogici.
La riflessione artistica espressa in questa rassegna virtuale ci consente di viaggiare tra questi diversi approcci e considerazioni, proponendo di volta in volta riflessioni che si estendono ben oltre la denuncia o il desiderio: arrivano in alcuni tratti a narrare e a rappresentare un’idea stessa di un proprio rapporto con la Natura: infatti è proprio l’atto di nutrirsi che mi offre la metaforica condizione di portare in me altre parti di ciò che compone la Natura stessa di cui io stesso costituisco una parte. La possibilità del nutrimento è dunque una prosecuzione del rapporto con la Madre che mi da se stessa perché io viva: l’attenzione al nutrimento che la Natura offre è l’attenzione al recupero con l’Unità tra gli esseri viventi: attraverso il mio rapporto con il nutrimento passa dunqua la possibilità della riscoperta del mio naturale essere-nel-mondo.
Gli artisti quando non intendono stigmatizzare i comportamenti aggressivi legati al “consumo” stesso degli altri esseri viventi, tendono a sottolineare l’armonico orizzonte di una “madre”, di una nascita, di un abbraccio accogliente, di una osservazione cosciente e attiva, ricorre l’immagine dell’accoglienza, della comprensione, del legame.
E’ proprio l’atto del cibarsi che in qualche modo dovrebbe darci quel senso di responsabilità nei confronti del vivere. O per lo meno, dovrebbe portarci ad essere consapevoli di ciò che non siamo e che dovremmo provare ad essere.
Al di là di giudizi e di esami di coscienza, il gioco analogico delle immagini innesca processi e percorsi di riflessione ricordando a noi stessi che esiste una responsabilità continua nella relazione con le cose e con l’esistente, anche nell’atto inconsapevole del sopravvivere: la “via del cibo” potrebbe essere quella strada attraverso cui modifichiamo la coscienza e la conoscenza di noi, tra noi e tra noi e ciò che vive.
Al di là di banali spiritualismi, l’atto del cibarsi è ben più della mera sopravvivenza ma un atto attraverso cui esprimiamo il nostro rapporto con la vita.
L’arte ha dovere e diritto di occuparsi di questo rapporto, di raccontarcelo e qual’ora non riuscissimo più a leggerlo, di insegnarci di nuovo a farlo.
In fondo, la nostra “fame d’amore” è il desiderio di sentirci in armonia con il vivere e queste immagini sono le sfaccettature della ricerca, ma qui e là, anche l’espressione di un equilibrio a portata di mano.

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