lunedì 1 gennaio 2007

DENARO SANTO




performance di Mandra Cerrone, 8 ottobre 2006, Lavatoio Pubblico di Popoli, PE

Il denaro non è solo ciò che è ma soprattutto, tutto l’immaginario che ad esso è legato. E’ una cosa “sporca” per le implicazioni negative del suo uso, per i furori che può suscitare, per la necessità o la possibilità di sopravvivere o di vivere tranquilli, per il suo essere associato con il potere, le fortune, le crisi, le disgrazie. Per il suo essere motore di storie e controstorie, familiari, sociali, nazionali ecc., misura ruoli appartenenza, livelli, capacità.
Distrugge parentele, amicizie, destini, ma è anche possibilità di riscatto, di libertà, indipendenza, di giustizia, la possibilità di cambiare le sorti, le fortune in terra, la possibilità di una dignità, la possibilità di vivere,di dare serenità ecc.
Insomma nel denaro c’è buona parte della salvezza o della condanna di una esistenza terrena.
Ma è davvero così? Questa è tutta la forza simbolica e realistica del tanto o del poco denaro? Del tanto o del poco possedere?
Io credo che questa sia in fondo una finzione, una convenzione storica uno stereotipo fasullo: così rendiamo il Denaro una sorta di “divinità” intorno alla quale interpretare i sensi positivi o negativi di un esistere, di una relazione. No. Tutto ciò che abbiamo detto non basta a far essere il denaro qualcosa di più dell’oggetto che è. E’ il nostro essere attaccati al dato materiale dell’esistere, alla misurazione del successo ad averlo trasformato ad avergli dato una valenza simbolica così potente e radicata nell’immaginario da tradursi addirittura in un sistema di leggi a protezione del denaro in quanto oggetto materiale.
Ma davvero tutto ciò ha ancora senso nell’età telematica dove fortune e destini si giocano dietro i click o i pixel di uno schermo in una qualsiasi delle cattedrali mondiali di questo Dio e dentro quei luoghi della sua pratica religiosa che sono le banche?
La virtualità telematica potrebbe in realtà, non fondarsi su nulla in un sistema monetario che oggi appare svincolato da una ricchezza reale, ma è ancora talmente forte il carico simbolico dell’oggetto – denaro, da non riuscire a rinunciare all’emozione di toccarlo, farlo passare di mano, manipolarlo, perché è l’unico dio a cui abbiamo possibilità di dare volto.
Dunque il potere del denaro non si dà in se, ma viene dato dalla convenzione relazionale che lo ha stabilito come elemento tangibile della nostra stessa condizione. Insomma, il valore del denaro è esattamente quello che noi riteniamo di dargli, simbolicamente parlando, ed è per questo che è diventato concretamente il veicolo che misura e determina sorti.

Io credo che esso sia solo uno strumento di “costruzione” delle relazioni e si indirizza in base a che tipo di relazione intendiamo costruire e sviluppare: il denaro prende la strada che gli diamo e assume il ruolo che gli attribuiamo, esprime il nostro orizzonte esistenziale e relazionale.
Ecco perché può essere “merda del diavolo” o strumento di santificazione perché noi stessi possiamo essere una cosa o l’altra.
Ed ecco perché il denaro può tornare ad essere ciò che noi vogliamo sia con una “scelta”, con un gesto concreto che cambi il nostro rapporto metaforico con esso.
Non è stato facile lavarlo, non esente il timore di rovinarlo o di perderlo, ma il gesto rischioso lo ha praticamente e metaforicamente “ripulito”. Riproporre quel gesto accettare che venga ripulito, apre un orizzonte simbolico differente, ma anche un orizzonte reale: molte cose possono far diventare il denaro strumento di abbondanza, di felicità distribuita e condivisa. Esso non manca, manca la nostra capacità di dargli un orizzonte che non sia egoistico o di celebrazione del potere divino che la sua parte uranica, tellurica, maschile gli ha storicamente attribuito. Manca la nostra capacità di pensarlo come strumento di libertà condivisibile.
Qui non si tratta di insegnare a nessuno un ipotetico senso etico dell’uso del denaro, ma solo il desiderio di richiamare l’attenzione sul fatto che esso ha un orizzonte possibile diverso, che il nostro modo di concepire relazione e felicità può cambiare se cambia il nostro modo di dare senso al simbolo, se cambia il nostro modo di contestualizzarlo, di manipolarlo.
Quale diventerà il modo per rendere santo il denaro? Ma quale saranno allora i nostri modi per far tornare qualsiasi cosa possa dipendere dal nostro scegliere, strumento di costruzione o distruzione, strumento di giustizia o discriminazione, strumento di libertà reciproca o abbrutimento individualista?
Antongiulio Zimarino

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